Pablito, quella favola azzurra all’Ordine di Sicilia
«Paolo Rossi era un ragazzo come noi», ed è forse questo uno dei motivi per cui ci sentiamo particolarmente toccati dalla scomparsa dell’eroe dei Mondiali ’82. Ma c’è anche un altro aspetto che lega l’Ordine dei giornalisti Sicilia al ricordo di Pablito, ovvero la sua visita recente - durante un corso di formazione professionale rivolto ai giornalisti - presso la nostra sede, in via Bernini a Palermo.
Era il 18 novembre 2019, il giorno di Italia-Armenia, partita per le qualificazioni europee che gli azzurri avrebbero vinto 9-1. All’Ordine, in mattinata, si era svolto l’incontro sul tema “Tra azzurro e rosanero”, evento realizzato dall'Ussi Sicilia e moderato dal collega Nino Randazzo e promosso dall'allora presidente del gruppo siciliano Ussi Roberto Gueli (vicedirettore Tgr Rai), alla presenza tra gli altri dell’ex calciatore Luca Vialli, nelle vesti di team manager della Nazionale, del presidente del Palermo Dario Mirri, dei colleghi Enrico Varriale e Paolo Corbi, responsabile comunicazione Figc. Le attenzioni dei più erano puntate su Vialli, reduce da una battaglia contro un male che era stata resa nota, una battaglia vinta e una svolta che lo stesso Vialli era riuscito a imprimere alla propria vita. Di Paolo Rossi nessuno sapeva, nessuno sospettava. Informato del corso da Roberto Gueli, al quale era legato da una profonda amicizia, Paolo fece una sorpresa ai colleghi giungendo alla sede dell'Ordine insieme a Enrico Varriale.
Nel corso del suo intervento, Paolo Rossi regalò vari aneddoti. Raccontò del suo ricordo di una Favorita stracolma e della bolgia che lo stadio di Palermo rappresentava a fine anni ’70, parlando di un Palermo-Lanerossi Vicenza giocato il 24 aprile 1977. Uno a zero per i biancorossi, che quell’anno furono promossi. Quell’anno, in B, Paolo Rossi fu capocannoniere con 21 gol realizzati. «È nata una stella», titolavano i giornali, da lì partiva infatti tutto il suo percorso che lo avrebbe portato a consacrarsi capocannoniere e campione del Mondo con l’Italia ai Mondiali di Spagna nel 1982.
Col sorriso di chi è caduto e si è saputo rialzare, e con eleganza, in quella circostanza, Paolo Rossi declinò la domanda di un giovane collega che provò a sollecitare un ricordo sul suo coinvolgimento nell’inchiesta sul calcioscommesse del 1980. E parlando dei suoi rapporti con la stampa, disse che «nel 1982 si veniva fuori da un momento difficile per il Paese. Mi è capitato di incontrare qualche giornalista che voleva mettermi in difficoltà, ho capito che non potevo accontentare tutti. Ma devo anche dire che il 99 per cento delle critiche, pur non condivisibili, erano fatte da persone intellettualmente oneste».
L’epilogo della sua vita terrena giunge adesso a sorpresa, i più non sapevano della sua malattia. Del resto, lo stesso Rossi è stato fino a poche settimane fa commentatore televisivo.
Anche l’Ordine dei giornalisti Sicilia, stringendosi al dolore dei familiari, vuole dunque salutare Paolo Rossi. Lasciandogli la parola, riportando una frase che di recente ha dichiarato in un’intervista: «La fede mi dona la certezza che la morte non è la fine».